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Marmitte dei giganti di Campo Franscia

Le marmitte dei giganti si trovano nella località di Campo Franscia, nei pressi della Chiesetta di S. Barbara. Si tratta di un'area aperta, sempre visitabile. UN PO' DI STORIA Le marmitte glaciali spesso chiamate marmitte dei giganti si sono formate quando i Dossi di Franscia erano sovrastati da una massa di ghiaccio, alta oltre 800 metri. Attraverso le crepe e le fratture presenti sulla superficie del ghiaccio, l’acqua di fusione raggiungeva la base della massa di ghiaccio, fino ad incontrare la roccia sottostante. Spinta dall’enorme pressione della massa glaciale, produceva dei vortici ad altissima velocità che, come un enorme tornio, scavava la roccia, creando queste cavità cilindriche dalle forme e dimensioni più variegate. La presenza di rocce, ciottoli e sabbia, trasportati dal ghiacciaio nel suo movimento verso valle, aumentava il potere erosivo dell’acqua. Nel caso delle marmitte dei Dossi di Franscia, questo processo era ulteriormente facilitato dalla presenza di detriti di origine granitica, più duri e resistenti rispetto alla roccia sottostante, la famosa serpentinite della Valmalenco di origine metamorfica. Così come ai Dossi di Franscia, la presenza di marmitte glaciali può essere osservata anche sul versante Nord delle Alpi Retiche, in vallate confinanti con la Valmalenco, ricoperte nei millenni dall’imponente coltre glaciale alpina. Situazioni simili si possono osservare presso i siti di Cavaglia in Valposchiavo (Giardino dei ghiacciai di Cavaglia), al passo del Maloja in Engadina e presso Chiavenna, all’imbocco della Val Bregaglia italiana, tutti situati su prominenze topografiche con grandi salti rocciosi a valle. Proprio per questo legame che unisce i versanti Nord e Sud del gruppo del Bernina e la storia naturale della Valmalenco con quella della Valposchiavo, questa installazione divulgativa è finanziata dal progetto interreg Italia-Svizzera denominato B-ICE Terra Glacialis. (testo tratto dai pannelli espositivi presso le marmitte dei Giganti di Franscia)

L'antico Giovello

Le pietre verdi della Valmalenco, da secoli estratte e lavorate nell'omonima area geografica, erano e sono tuttora parte integrante di una realtà sociale, culturale ed economica che affonda le sue radici nella immemorabile tradizione artigianale raccolta e trasmessa per secoli di padre in figlio. Il muro di pietra naturale che separava la conca di Chiesa dall'alta valle fu denominato "Giovello". In età medioevale qualcuno osservò che gli strati di roccia affiorati si presentavano marcatamente divisi in lamelle molto sottili. Fu così che i Malenchi, già esperti nello scavo delle locali miniere di ferro, sperimentarono le prime tecniche di scavo e lavorazione del Serpentinoscisto.L'enorme volume di deposito detritico che ricopre tutta l'area è lo scarto di lavorazione delle numerose miniere sotterranee. Diverse centinaia di persone umili e caparbie, aggregate in originali forme di corporazione dette "compagnie", per secoli, ogni mattina all'alba si sono incamminate verso le miniere ad affrontare il duro lavoro di cavatore e spaccapietre. Il prodotto realizzato è la "pioda della Valmalenco" che, grazie alle caratteristiche fisico meccaniche uniche, alla secolare durata e al pregievole aspetto estetico, trova un impiego assai diffuso nelle coperture dei tetti. Le fasi della produzione manuale della Pioda, caratterizzate da una gestualità precisa e costante e dal particolare suono sprigionato durante la lavorazione, sono rimaste immutate nel corso dei secoli. L'area dell' antico "giovello" è stata definitivamente abbandonata alla fine degli anni '80 ed è attualmente oggetto di un progetto di valorizzazione che include il ripristino della sentieristica, la collocazione di cartelli informativi ed il ripristino di un laboratorio e di una miniera da adibirsi a museo: un percorso che permetta al visitatore di immergersi nelle radici di un'attività che ha segnato profondamente la vita sociale ed economica della Valmalenco.

Chiesa di Sant'Antonio

La chiesa di S. Antonio Abate fu fatta costruire intorno al 1673 dal parroco Giovanni Antonio Miotti, in località Pianaccio, su una sua proprietà e a proprie spese. Alla sua morte egli lasciò agli eredi della famiglia l’incarico della sua manutenzione ed amministrazione sotto il controllo della fabbriceria parrocchiale. Successivamente, nel 1957, gli eredi Miotti rinunciarono a questo incarico a favore della parrocchia. La piccola chiesa ha linee architettoniche molto semplici, con una facciata a capanna e un campanile dalle forme essenziali. L’interno è caratterizzato dalle tinte chiare delle pareti. Solo il presbiterio mostra un cenno di decorazione, con una volta a crociera fitta di stelle e cornici in gesso con figure angeliche. La pala d’altare, con l’immagine di Sant' Antonio Abate, è una copia della tela originale. Il vecchio altare è stato sostituito nel 2009 da uno in lastre di serpentino, dedicato alla Beata Vergine della Neve. Sulla destra del presbiterio si trova la statua policroma della Madonna della Neve con il Bambino. Lungo le pareti le illustrazioni delle 14 stazioni della Via Crucis, stampe del fiorentino Lorenzo Bardi, datate anno 1800. Fonte - Ecomuseo della Valmalenco

Chiesa di Sant'Abbondio all'Alpe Lago

Ancora ignota, per ora, la data esatta della costruzione della chiesa all’Alpe Lago situata sul sentiero che porta ai pascoli della zona, ma senz’altro antica perché la gente del luogo riferisce che, al di là della pianura paludosa, durante la dominazione dei Grigioni, i protestanti avevano costruito il loro luogo di culto (ora distrutto) di fronte a quello dei cattolici.La chiesetta fu dedicata a Sant’Abbondio, patrono principale della Diocesi di Como.E' un edificio molto semplice, decorato all'interno con opere del pittore Luigi Assali (1973).Un tempo, in occasione della festa del titolare (31 agosto), si svolgeva anche “l’asta” in favore della Parrocchia, a conclusione della permanenza estiva di uomini e bestie sui pascoli più alti. Foto - Ecomuseo della Valmalenco

Chiesa di Santa Emilia

La piccola chiesa è stata costruita per iniziativa del cav. Giuseppe Sampietro per accogliere clienti e personale del prestigioso Grand Hotel Malenco, in ricordo della sua prima moglie defunta di nome Emilia e dedicata all’omonima santa martirizzata il 2 giugno dell’anno 177 a Lione sotto l’imperatore Marco Aurelio.Progettista della costruzione e autore dei dipinti, degli intagli e delle decorazioni è l’artista e maestro Erminio Dioli.La pala centrale (datata 1931) raffigura Sant’Emilia con l’aureola attorno al capo e una palma in mano (segno di vittoria) tra nubi e cherubini.Sulla porticina del tabernacolo è scolpito un calice sormontato dall’ostia con il monogramma I.H.S. (Jesus Hominum Salvator).La volta a botte e le pareti sono decorate con angioletti e festoni.La piccola vetrata sopra l’ingresso raffigura Maria a mani giunte con la scritta Ave Maria gratia plena. Fonte - Ecomuseo della Valmalenco

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